Inserito il 21/04/2009 alle: 00:42:04
La crisi capitalistica mondiale investe il Paese
La crisi capitalistica iniziata negli Usa alla fine del 2007 si è velocemente estesa a tutti i continenti, a dimostrazione della natura mondiale del sistema capitalistico. L’ultimo rapporto dell’Ocse evidenzia come la borghesia finanziaria e industriale per recuperare i tassi di profitto sta operando una mattanza sociale che si abbatte sui salari, i diritti e le tutele dei lavoratori, ne consegue un drastico peggioramento delle condizioni di lavoro e di vita per i lavoratori e le masse popolari.
In Italia, la crisi capitalistica si allarga e si aggrava: sono ormai migliaia le aziende coinvolte. La crisi colpisce la grande (Fiat, Telecom. Alitalia, Ilva, Safilo, Aprilia, Sirma, Montefibre, Dow Chemical....), la media e la piccola impresa di tutti i settori manifatturieri dell’industria, dell’artigianato, del commercio e dei servizi con la perdita di un milione di posti di lavoro.
I primi ad essere colpiti sono i lavoratori immigrati che oltre al lavoro per effetto della legge Bossi-Fini perdono anche il permesso di soggiorno, ritrovandosi nella triste condizione di clandestinità.
A seguire i lavoratori precari, a fine 2008 licenziati in 400 mila mediante il semplice non rinnovo del contratto, mandati a casa senza nessuna protezione sociale.
La cassa integrazione ordinaria presenta una crescita geometrica: a novembre 250%, a dicembre 525% a marzo del 925%; dopo la cassa integrazione ordinaria, sempre più imprese ricorrono a quella straordinaria, anticipazione della mobilità e del licenziamento. Il lavoro nero dilaga nel commercio e nel turismo, nell’edilizia e nell’agricoltura, il tasso di disoccupazione durante l’anno in corso passerà dal 6,8 al 10%, oltre 2 milioni di senza lavoro.
Va da sé che la situazione è in peggioramento anche nell’Italia meridionale dove il tasso di disoccupazione nel 2008 era al 12,5%; la chiusura di quei pochi stabilimenti industriali aggraverà ulteriormente la drammatica condizione sociale.
Il governo Berlusconi, il padronato e le banche scaricano sui lavoratori e le masse popolari un doppio fardello: come contribuenti e come lavoratori. Il calo del Pil a -4,6% per effetto della crisi capitalistica e la forte evasione fiscale da parte di imprese e liberi professionisti aggrava i conti pubblici. Questo peggioramento a sua volta viene utilizzato dal governo per operare attraverso un insieme di interventi legislativi e manovre finanziarie, forti tagli nei settori dell’edilizia popolare, dei trasporti pubblici, dei servizi sociali, assistenziali, previdenziali, sanitari e scolastici.
Nel contempo attraverso i Tremonti Bond il governo concede alle banche e alle imprese circa 10-12 miliardi di euro, che si aggiungono a quelli dei decenni precedenti ed aumenta le spese militari e di guerra con l’incremento della spedizione militare in Afghanistan.
Nel contempo il governo annuncia l’aumento dell’età pensionabile per le donne fino a 65 anni e la revisione in senso peggiorativo del Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, un testo peraltro insufficiente a limitare gli infortuni e le malattie professionali.
L’accordo firmato il 22 gennaio 2009 dal governo, dalle associazioni padronali e dai sindacati “complici” (Cisl, Uil, Ugl...) sul nuovo modello contrattuale rappresenta lo strumento di lungo periodo per far pagare la crisi capitalistica ai lavoratori. Questo accordo chiude la fase concertativa aperta il 23 luglio 1993, che ha fatto precipitare i salari italiani al livello più basso in Europa e ne apre un’altra peggiore, che mira a distruggere la contrattazione collettiva e il contratto nazionale.
L’accordo applicativo del 15 aprile 2009 firmato da Confindustria, Cisl, Uil e Ugl ne aggrava i contenuti: riduzione del salario, centralizzazione a livello di confederazione di tutta la contrattazione esautorando l’autonomia delle categorie, deroghe al contratto nazionale, totale flessibilità del salario a livello aziendale, sistema di conciliazione, attribuzione agli Enti Bilaterali di prerogative proprie della contrattazione e della legislazione. Un meccanismo già sperimentato in Alitalia con 10 mila posti di lavoro cancellati e la perdita dei diritti contrattuali per i lavoratori assunti in Cai/Alitalia, la nuova cordata speculativa.
Questo pesante attacco al salario, ai diritti e alle tutele viene ulteriormente aggravato dall’intenzione del governo di procedere alla limitazione del diritto di sciopero e alla libertà di manifestazione.
La crisi capitalistica nella nostra regione
La nostra regione è contrassegnata da un sistema basato in prevalenza sulla piccola impresa diffusa, il 95% delle imprese è sotto i 10 dipendenti. La riduzione della produzione industriale in Germania ha avuto pesanti riflessi sull’economia di tutto il Nord Est con la riduzione dell’esportazioni di semilavorati e componenti; particolarmente colpito l’indotto del settore automobilistico e degli elettrodomestici che rappresentano una quota significativa della produzione manifatturiera regionale. A questi si sono aggiunti la chimica, l’elettronica, la produzione di macchine utensili, la siderurgia e le costruzioni. Anche nella nostra regione i lavoratori precari e immigrati sono i soggetti maggiormente colpiti da processi di mobilità e licenziamenti, sia individuali che collettivi.
L’anno 2008 si è chiuso con circa 20 mila licenziamenti, mentre per l’anno in corso una stima della Cgil regionale su proiezioni dell’Agenzia Regionale Veneto Lavoro indica in 220 mila i lavoratori che si troveranno con problemi legati all’occupazione.
La cassa integrazione ordinaria a fine 2008 era cresciuta del 72%, soprattutto nel settore manifatturiero ed edile; la provincia maggiormente interessata quella di Padova (89%), mentre a livello regionale i lavoratori interessati sono circa 30 mila al giorno.
La cassa integrazione straordinaria, precorritrice della mobilità e dei licenziamenti, è cresciuta a fine 2008 del 29% sopratutto nel settore metalmeccanico. La provincia maggiormente interessata è quella di Venezia (209%).
Almeno un terzo dei lavoratori del settore privato (lavoratori precari, di piccole imprese, dell’artigianato, del commercio e servizi) sono esclusi dalle normali prestazioni sociali.
In questo quadro il governo regionale mentre colpisce i suoi dipendenti, applicando in maniera più restrittiva possibile la legge Brunetta, elargisce milioni di euro ai dirigenti regionali e agli imprenditori, privatizza mediante i Project financing gli ospedali pubblici regionali e vara una legge (LR 3/2009), sull’occupazione e il mercato del lavoro, in perfetta continuità con la legge Biagi in tema di precarietà. L’accordo regionale sottoscritto il 5 febbraio da Cgil, Cisl e Uil , Regione Veneto e Associazioni padronali sull’estensione degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione e mobilità in deroga) a settori che ne sono privi (apprendisti, lavoratori interinali, cooperative, aziende artigiane, turismo e commercio con meno di 50 dipendenti) è assolutamente insufficiente a garantire il potere d’acquisto e la stabilità occupazionale.
A questo quadro si aggiunge la campagna razzista e xenofoba messa in campo dalla Lega Nord, a partire da un proprio progetto di legge regionale, mirante a contrapporre i lavoratori veneti ai lavoratori immigrati nell’accedere agli ammortizzatori sociali, un tentativo reazionario indirizzato a scatenare la guerra tra poveri, mentre il padronato leghista e fascista organizza le proprie forze ausiliarie: le “ronde” padane.
By Gianfranco