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raffaele top
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 20:22:13
Amici per chi deciderà di venire a Napoli alla prossima edizione di Mondocampersud alcune segnalazioni su cosa offre la nostra città... giusto per unire l'utile al dilettevole. Ringrazio in antcipo gli amici napoletani di COL che decideranno di aiutarmi ad "invogliarvi" a venire....[:D][:D][:D][:D][:D] Iniziamo: Cappella di San Severo Cappella S. Severo è sicuramente uno dei capolavori dell'arte barocca napoletana, grazie alle meravigliose sculture ed ai marmi policromi che l'adornano. La cappella si trova nei pressi del palazzo omonimo del XVI secolo che fu realizzato dal principe di Sansevero don Paolo de Sangro e rifatto con sontuosa facciata dal principe Raimondo. Un tempo la cappella era collegata al palazzo da una galleria pensile che fu abbattuta, perchè poco stabile, nel 1889. Al centro della navata è presente il famosissimo Cristo velato del napoletano Giuseppe Sammartino. Il Cristo velato

Modificato da raffaele top il 20/11/2009 alle 22:46:06
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 20:42:03
San Gregorio Armeno: Il trionfo di un'altra antichissima tradizione. A San Gregorio Armeno, la strada partenopea nella quale sono stati creati i più famosi presepi del mondo, ogni anno si rinnova l'amore e la dedizione per questa arte. Ogni pezzo è originale, lavorato da mani esperte. La strada principale è colorata da piccole botteghe ricavate dal pianterreno di vecchi palazzi. Una strada stretta e in salita, posta nel cuore di Napoli, ospita centinaia di botteghe e laboratori artigiani di "arte presepiaria". Il presepio, si sa, è una tradizione antica e ricchissima a Napoli e questa via ne è il fulcro. Le botteghe sono piene di statuine. Se non bastano gli scaffali, gli angeli possono volare appesi a nastri colorati. La scelta è incredibile: ci sono statuette di ogni foggia e colore, ci sono i mercanti, i pastori, le statue vestite, quelle di gesso, quelle piccolissime, anche solo 2 o 3 centimetri, e quelle più grandi, fino a 30.
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raffaele top
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 21:05:31
Il Duomo: Il grande Duomo di San Gennaro o Duomo di Santa Maria Assunta è la cattedrale della diocesi di Napoli. È tra le più grandi basiliche della città; inoltre, ospita il battistero più antico d'occidente (Battistero di San Giovanni in Fonte. Il tempio sorge lungo il lato est di via Duomo, in una piazzetta contornata da portici. Il Duomo -in stile gotico- ha un impianto a croce latina, a tre navate divise da pilastri su cui poggiano archi ogivali. Al termine della navata maggiore, lunga circa cento metri, si trova l'ampia abside a pianta poligonale. Il soffitto della navata principale è a cassettoni, in legno intagliato e dorato, mentre le navate laterali hanno volta a crociera, con decorazioni barocche. Le decorazioni a stucchi che decorano tutta la chiesa sono della fine del Seicento. Risale invece alla prima metà del XVII secolo una delle principali testimonianze storico-artistiche del Duomo: la Cappella del Tesoro di San Gennaro, realizzata come ex voto con l'impegno di tutto il popolo napoletano, e con il contributo di artisti tra i più importanti della scuola barocca. E' in questa cappella che tutti gli anni, nel primo sabato di maggio, si attende con ansia il miracolo della liquefazione del sangue del santo. Il cancello e il pavimento disegnati dal Fanzago, i marmi pregiati, le sculture di scuola berniniana, gli argenti lavorati, l'altare del Solimena, i numerosi affreschi e pitture e le nicchie che custodiscono il busto d'argento e le ampolle col sangue di San Gennaro rendono la cappella una vero e proprio gioiello artistico, un concentrato di capolavori dall'inestimabile valore. San Gennaro - Santo Patrono di Napoli Il miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 21:20:02
Collina di Posillipo: La collina di Posillipo è sicuramente una delle zone più incantevoli e prestigiose della città. Le ville sontuose e nascoste, le discese a mare, i costoni a strapiombo sull'acqua, gli edifici eleganti, il panorama mozzafiato ne fanno al contempo una tappa obbligata per i turisti, e un sogno per gli abitanti della città. Posillipo è senza dubbio il colle più noto di Napoli e anche il più celebrato per le sue bellezze; già nel nome sono contenute tutte le sue virtù: Pausilypon significa "riposo dagli affanni". Percorrendo la via Posillipo a partire da Mergellina, cominciano le curve e i palazzi nobiliari, Palazzo Donn'Anna, più avanti la chiesa di S.Maria del Faro. Risalendo verso la parte più alta del colle, lo sguardo si perde in un panorama mozzafiato, di un quartiere ormai residenziale. Via mare si possono però ammirare ancor meglio le meraviglie di tale zona: da Mergellina fino a Nisida, con due punti di approdo (raggiungibili anche da terra) a Marechiaro e alla Gaiola, che si distinguono per la relativa ricchezza delle sopravvivenze archeologiche. Al largo di Capo Posillipo (di fronte a Villa Rosbery, attuale residenza napoletana del Presidente della Repubblica) giacciono i resti, ormai sommersi, di una villa marittima che si protendeva in mare grazie a costruzioni artificiali; dei suoi porticati si sono recentemente recuperate alcune colonne. A Marechiaro, prospicienti la spiaggia, vi sono i probabili resti di una domus. La grotta di Seiano, da poco riaperta al pubblico, collega Coroglio alla baia di Trentaremi, meravigliosa insenatura nella costa posillipina. Su tale baia si ergono i resti di un grande teatro romano. Sulla punta del Capo Posillipo, il Parco Virgiliano, ristrutturato e profondamente rinnovato nel 2002, offre terrazze da cui godere di panorami sensazionali su due golfi (quello di Napoli e quello di Pozzuoli) e su Nisida, tranquillità, aria pulita e possibilità di fare sport. Panorama del golfo di Napoli visto da Posillipo Palazzo Donn'Anna Parco Virgiliano
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 21:38:15
Palazzo Reale: Il Palazzo Reale di Napoli nasce per volontà del viceré Fernandez Ruiz de Castro, che nel 1599 volle costruire a Napoli una reggia capace di ospitare sfarzosamente il sovrano e la corte spagnola. L’incarico venne affidato a Domenico Fontana, famoso architetto della corte papale. La costruzione del Palazzo ebbe inizio nel 1600, ma continuerà per secoli, e si completerà solo nel 1843 ad opera di Gaetano Genovese, che ampliò e regolarizzò il progetto originario, conferendo al Palazzo un’impronta architettonica unitaria. Nucleo di tutto l’edificio è l’Appartamento Reale. Ad esso si accede tramite un monumentale scalone in marmo bianco decorato nella parte inferiore da bassorilievi allegorici. Prima sala a destra dello Scalone è il Teatrino di Corte, allestito da Ferdinando Fuga nel 1768. La sala è decorata con stucchi bianco e oro e conserva le originarie 12 statue in cartapesta raffiguranti Apollo, Minerva, Mercurio e le nove muse. Tre anticamere introducono alla Sala del Trono: il trono, databile intorno al 1845-50, è in stile impero; il baldacchino di velluto e galloni dorati risale al XVIII secolo e proviene dal Palazzo Reale di Palermo. Il soffitto neoclassico raffigura l’estensione del regno delle Due Sicilie nel 1818. La sala è allestita con ritratti di personaggi di corte, re, principesse e regine. Superando la Galleria, si accede alle stanze private, fra le quali la Cappella di Maria Cristina, prima moglie di Ferdinando II. Dietro l’altare ligneo, dei primi dell’800, è conservato il sarcofago di rame argentato della regina. Interno con dettaglio dello scalone principale La sala del trono Piazza del Plebiscito dove si affaccia il Palazzo Reale
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 21:58:09
La PIZZA..... Si narra che nel 1772, Ferdinando di Borbone, re di Napoli dal 1751 al 1825, avesse violato le regole dell'etichetta entrando nella pizzeria di Antonio Testa detto n' Tuono, che aveva la bottega alla Salita S. Teresa. Il re volle assaggiare le diverse varietà di quel piatto che tanto piaceva al suo popolo e, ritornato a Corte, lo descrisse con parole ispirate. Nobiluomini e nobildonne della Corte napoletana lo imitarono e la "pizzeria" divenne un locale alla moda. Il "pizzaiolo" n' Tuono elevò il tono della sua "pizzeria" rendendola degna del favore della Corte, ma non riuscì mai ad avere il favore della regina, Maria Carolina d'Asburgo, che boicottò la "pizza" come cibo da servire a Corte. Per continuare a mangiare la "pizza" bisognava andare, come probabilmente è giusto che sia, solo nella "pizzeria". Ferdinando II, successore di Ferdinando di Borbone, non ebbe, invece, alcun ritegno nel manifestare pubblicamente la predilezione per i piatti del suo popolo. Scrive il De Cesare ne "La fine di un regno": "A Ferdinando II, napoletano in tutto, piacevano quei cibi grossolani del quali i napoletani sono ghiotti: il baccalà, il soffritto, la mozzarella, le pizze e i vermicelli al pomodoro". Al contrario del suo predecessore, egli non volle rinunciare ai suoi gusti, ma piuttosto, preferì costringere i suoi cortigiani ad adattarsi. Nelle trattorie napoletane nasce la "ristorazione con un solo piatto", la pizza e, di fatto, nascono le prime pizzerie che datano 1820 - 1889. Intanto il re Ferdinando II si fece costruire nel parco della Reggia di Capodimonte, accanto ai magnifici forni degli Asburgo per la cottura delle ceramiche, un forno per le pizze da Domenico Testa, figlio del grande n' Tuono. Dopo l'incontro di Teano, uno dei momenti più solenni del Risorgimento, in cui Giuseppe Garibaldi aveva salutato Vittorio Emanuele II come primo Re d'Italia, "l'eroe dei due Mondi" si rifocillò con il suo maggiore in una taverna dove gli servirono tante pizze fumanti. Che Garibaldi amasse la pizza ci è narrato anche dal suo aiutante, Giuseppe Baldi, che racconta come egli amasse mangiare una pizza piuttosto che partecipare a ricevimenti della nobiltà. Umberto I di Savoia e la moglie Margherita, in visita a Napoli, dove trascorrevano le vacanze estive, mandarono a chiamare il pizzaiolo Raffaele Esposito, titolare della pizzeria Pietro il pizzaiolo, sita a S. Anna di Palazzo, nel cuore di Napoli, e gli ordinarono di preparare delle pizze "napoletane" per tutta la Corte. Prepararono due "classiche": la marinara (pomodoro, aglio, origano e olio) e la mastunicola, ora poco frequente (strutto e basilico); in più la moglie del pizzaiolo allestì una "variante" per la regina Margherita (pomodoro, olio e mozzarella) cui aggiunse del basilico per richiamare la bandiera italiana. Siamo nel 1871, nasce la Margherita (in onore della Regina d'Italia) che suggella indelebilmente il rapporto tra Napoli e la Pizza. Cronologicamente, la pizza napoletana più antica è la "mastunicola" la cui origine dovrebbe datare 1660, seguita dalla "marinara" 1800 e dalla "margherita" 1850, con la sua variante al basilico del 1871.
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raffaele top
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 22:13:18
Museo Nazionale: Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, uno dei primi costituiti in Europa in un monumentale palazzo seicentesco tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, può vantare il più ricco e pregevole patrimonio di opere d’arte e manufatti di interesse archeologico in Italia. In esso sono esposti oltre tremila oggetti di valore esemplare in varie sezioni tematiche e conservati centinaia di migliaia di reperti databili dall’età preistorica alla tarda antichità, sia provenienti da vari siti antichi del Meridione, sia dall’acquisizione di rilevanti raccolte antiquarie, a partire dalla collezione Farnese appartenuta alla dinastia reale dei Borbone, fondatori del Museo. Le opere d’arte ed i reperti archeologici sono presentati secondo la loro collocazione fisica all’interno di ventisei sezioni tematiche, costituite in base a due originari criteri espostivi: antiquario e tipologico. Il primo si incentra intorno al nucleo della collezione Farnese, ereditata da re Carlo III e poi detenuta dalla famiglia Borbone, cui se ne aggiunsero nel tempo altre, quali le collezioni Borgia, Picchianti, Santangelo e Vivenzio. Il secondo è composto soprattutto dagli oggetti rinvenuti negli scavi condotti nelle città sepolte dall’eruzione del Vesuvio e nei siti dalla Magna Grecia e dell’Italia antica. Di recente si sta procedendo ad un riassetto di alcune sezioni secondo contesti storici e topografici. Esistono, inoltre, un’importante collezione di oggetti egiziani o egittizzanti, e un ingente Medagliere con monete, medaglie e gemme incise, dall’età greca all’epoca moderna.
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 22:28:27
Napoli sottorranea: A quaranta metri di profondità sotto le vocianti e caratteristiche vie del centro storico di Napoli, si trova un mondo a parte, per molto ancora inesplorato, isolato nella sua quiete millenaria eppure strettamente collegato con la città. E' il grembo di Napoli, da cui essa stessa è nata. Visitarlo significa compiere un viaggio nel tempo lungo duemila e quattrocento anni. Ogni epoca, dalla fondazione della Neapolis alle bombe della seconda guerra mondiale, ha lasciato traccia sulle mura di tufo giallo, pietra con cui la città è costruita. I primi manufatti di scavi sotterranei risalgono a circa 5.000 anni fa, quasi alla fine dell'era preistorica. Successivamente i Greci prelevarono grosse quantità di tufo per la costruzione delle mura e dei templi e scavarono numerosi ambienti per creare una serie di ipogei funerari (è il caso della cava greca che lo speleologo Enzo Albertini, presidente della suddetta associazione, dopo anni di ricerche sotterranee riportò alla luce, a circa 40 metri di profondità al di sotto del cimitero di Santa Maria del Pianto. Da tale cava i Greci prelevarono tutto il materiale tufaceo per la costruzione della fortificazione della Neapolis del IV secolo. a.C., lasciando sulle pareti monogrammi e graffiti identici a quelli ritrovati sulla cinta muraria a piazza Bellini ed a via Foria). Continuarono i Romani che costruirono in epoca augustea un grandioso acquedotto e gallerie viarie: grotta di Cocceio e grotta di Seiano. Agli inizi del 1600 la città era talmente estesa che il vecchio acquedotto e le innumerevoli cisterne pluviali non riuscivano più a spegnere la sete. Fu così che nel 1629 un facoltoso nobile napoletano, il Carmignano, costruì un nuovo acquedotto. Simulazione in una cisterna Agli inizi del 1900 si cessò di scavare nel sottosuolo per l'approvvigionamento idrico, abbandonando così una rete di cunicoli e cisterne di oltre un milione di mq. che attraversava in lungo e in largo la città. Lo scoppio della seconda guerra mondiale e i conseguenti bombardamenti ridiede importanza al sottosuolo, le cui gallerie vennero utilizzate come ricoveri antiaerei. Attualmente, parte di queste cavità non sono più raggiungibili perchè ostruite da detriti scaricati abusivamente da pozzi che collegavano il soprassuolo al sottosuolo, soffocandone così l'enorme interesse storico-culturale per la nostra città.
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raffaele top
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10/12/2007 2096
Inserito il 20/11/2009 alle: 22:36:52
La sfogliatella.... La storia non è quasi mai dolce. Ma ogni dolce ha la sua storia. A volte faticosamente ricostruita, in qualche caso spudoratamente inventata. La storia della sfogliatella appartiene alla prima categoria. Di questo dolce tipicamente partenopeo si può tracciare una precisa topomonastica. Avete letto bene; topomonastica, perché il topos della sfogliatella è un monastero. Quello di Santa Rosa, sulla costiera amalfitana, fra Furore e Conca dei Marini. In quel sacro luogo si pregava tanto, ma, trattandosi di un convento di clausura, non si poteva andare da nessuna parte, e quindi di tempo libero ce n’era in abbondanza. Una parte di esso veniva speso in cucina, amministrata in un regime di stretta autarchia: le monache avevano il loro orto e la loro vigna, così da ridurre i contatti con l’esterno, e amplificare quelli con l’Eterno. Anche il pane le religiose se lo facevano da sole, cuocendolo nel forno ogni due settimane. Il menu era uguale per tutte (ci mancherebbe): soltanto le monache anziane potevano godere di un vitto speciale, fatto di nutrienti minestrine. Un giorno di 400 anni fa (siamo nel 600) la suora addetta alla cucina si accorse che era avanzata un po’ di semola cotta nel latte. Buttarla, non se ne parlava proprio. Fu così che, ispirata dall’Alto, la cuoca ci buttò dentro un po’ di frutta secca, di zucchero e di liquore al limone. “Potrebbe essere un ripieno”, si disse. Ma cosa poteva metterci sopra e sotto? Preparò allora due sfoglie di pasta aggiungendovi strutto e vino bianco, e ci sistemò in mezzo il ripieno. Poi, siccome anche in un convento l’occhio vuole la sua parte, sollevò un po’ la sfoglia superiore, dandole la forma di un cappuccio di monaco, e infornò il tutto. La Madre Superiora sulle prime fiutò il dolce appena sfornato, e subito dopo fiutò l’affare; con quest’invenzione benedetta (e ancor meglio fatta) si poteva far del bene sia ai contadini della zona, che alle casse del convento. La clausura non veniva messa in pericolo: il dolce veniva messo sulla classica ruota, in uscita. Sempre che, sia chiaro, i villici ci avessero messo, in entrata, qualche moneta. A questo dolce venne dato, inevitabilmente, il nome della Santa a cui era dedicato il convento. Come tutti i doni di Dio, la Santarosa non poteva restare confinata in un sol luogo, per la gioia di pochi. La divina Provvidenza è un po’ come la dieta: funziona, ma non bisogna darle fretta. La santarosa ci mise circa centocinquant’anni per percorrere i sessanta chilometri tra Amalfi e Napoli. Qui arrivò ai primi dell’800, per merito dell’oste Pasquale Pintauro. I napoletani staranno protestando: ma no!, Pintauro è un pasticciere, e non un oste. Invece nei giorni di cui stiamo parlando era effettivamente un oste, con bottega in via Toledo, proprio di fronte a Santa Brigida. Che rimase un’osteria fino al 1818, anno in cui Pasquale entrò in possesso, per una via che non è mai stata chiarita, della ricetta originale della santarosa. Quell’anno ci furono due conversioni: Pintauro da oste divenne pasticciere, e la sua osteria si convertì in un laboratorio dolciario. Pintauro non si limitò a diffondere la santarosa: la modificò, eliminando la crema pasticciera e l’amarena, e sopprimendo la protuberanza superiore a cappuccio di monaco. Era nata la sfogliatella. La sua varietà più famosa, la cosiddetta “riccia”, mantiene da allora la sua forma triangolare, a conchiglia, vagamente rococò (con una sola c, da non confondersi con il roccocò, altro famoso dolce napoletano). Oggi la sfogliatella si può assaggiare in tutte la pasticcerie di Napoli, con soddisfazione. Se si cerca l’eccellenza, la bottega di Pintauro sta sempre là: ha cambiato gestione, ma non il nome e l’insegna, e nemmeno la qualità. Che resta quella di quasi duecento anni fa. Al viaggiatore che arriva alla stazione di Napoli, o che abbia almeno venti minuti fra un treno e l’altro, si consiglia di fare un salto da Attanasio, a Vico Ferrovia, che sforna sfogliatelle calde a getto continuo. Sulla sua “puteca” c’è scritto: “Napule tre cose tene belle: ‘o mare, ‘o Vesuvio, e ‘e sfugliatelle”. Un ‘avvertenza: storditi dal profumo della sfogliatella appena sfornata, ormai nelle vostre mani, evitate di addentarla voracemente. La caratteristica sfoglia lamellare è calda, ma il ripieno di ricotta è rovente. La riccia.... La frolla...
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francesco67
francesco67
11/05/2006 2876
Inserito il 20/11/2009 alle: 23:45:46

http://www.cittadellascienza.it/

http://www.futuroremoto.it/fr2009/

è da visitare....[;)]
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raffaele top
raffaele top
10/12/2007 2096
Inserito il 21/11/2009 alle: 15:17:59
Castel dell'ovo: Il Castello sorge sull'isolotto tufaceo dell'antica Megaride (su cui la leggenda vuole che fosse approdata, sfinita, la sirena Partenope, che avrebbe dato il nome alla città antica), poi collegato alla terraferma, sul quale il patrizio romano Lucullo fece erigere per sé una fastosa ed enorme villa (il Castrum Lucullanum). Intorno alla fine del V secolo, l'area divenne sede di un monastero di monaci basiliani, di cui rimane l'antica chiesa. Poi, in periodo ducale, vi fu costruito un fortilizio, e nel XII secolo vi si stabilirono i Normanni, che fecero ampliare e rinforzare la fortificazione. Un ulteriore rafforzamento fu realizzato dagli Svevi. Nel XIV secolo, si diffuse l'attuale denominazione, per la quale vi sono due teorie: l'una la riferisce alla pianta particolare del castello, l'altra, più accreditata, fa risalire il nome al poeta Virgilio, che vi avrebbe nascosto un uovo, alla sopravvivenza del quale sarebbe stata legata la sopravvivenza del bastione. L'aspetto attuale del Castel dell'Ovo è quello determinato dalla ristrutturazione operata nell'epoca vicereale, dopo i danni subiti nell'assedio del 1503. Alla fine del 1800, al di fuori della cinta muraria, venne realizzato un piccolo borgo di pescatori, l'attuale Borgo Marinari. Il castello è attualmente visitabile tutti i giorni (nei festivi solo di mattina): la passeggiata all'interno é molto suggestiva, con scorci panoramici sul lungomare inquadrati da elementi architettonici molto interessanti; da visitare è la sala delle colonne, forse refettorio nell'antico monastero, ed il museo di etnopreistoria del Club Alpino Italiano. Ascendendo alla terrazza superiore, si può godere di un panorama mozzafiato, della città e dei dintorni, da una prospettiva molto particolare.
sergiozh
sergiozh
-
Inserito il 21/11/2009 alle: 17:19:09
la natura attorno a napoli ?
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McKioto
McKioto
27/02/2008 3270
Inserito il 21/11/2009 alle: 19:10:42
quote:Risposta al messaggio di sergiozh inserito in data 21/11/2009  17:19:09 (

Visualizza messaggio in nuova finestra

)
>
> Prova a dare uno sguardo qui:

http://www.parconazionaledelves...

http://www.wwf.it/client/render...

http://www.parcoarcheologicosom...

http://www.campaniatour.it/solf...

http://www.ortobotanico.unina.it/

Questo, tra Napoli e zone limitrofe. In più, sempre parlando di natura, ci sono le isole del golfo, la costiera sorrentina, i monti Lattari. Buon divertimento, Raffaella.
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mizio04
mizio04
22/04/2005 644
Inserito il 21/11/2009 alle: 19:19:05
..[:(]..e i baba'.......[:D][:p][:p][:p]
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raffaele top
raffaele top
10/12/2007 2096
Inserito il 21/11/2009 alle: 20:18:20
Mizio04 ti accontento subito.... O' babà.... “C’era una volta....un Re, diranno i miei piccoli amici”. Così comincia Pinocchio, una delle favole più belle della storia. Nella storia del babà il Re c’è davvero, e non è un personaggio fiabesco: è nientedimeno che Stanislao Leszczinski, re di Polonia dal 1704 al 1735. Stanislao era diventato re a meno di trent’anni, grazie all’appoggio di Carlo XII di Svezia. Qualche anno dopo (era il 1735) Pietro il Grande, Zar di tutte le Russie, si dimostrò molto più grande del re svedese e di quello polacco: insieme ai suoi alleati, la Prussia e l’Austria, mosse loro guerra, e li sconfisse. Stanislao però non era uno qualunque. Era il suocero di Luigi XV di Francia, che aveva sposato sua figlia Maria. Per questo motivo, dopo averlo detronizzato, come contentino gli diedero il Ducato di Lorena. Lui non ne fu troppo contento, ma si adeguò. Privato del Regno di Polonia, e costretto in un quel piccolo regno privato, Stani si annoiava. Siccome c’aveva un sacco di tempo libero, si circondò di filosofi e scienziati, e si mise a studiare. Studia che ti studia, finì per mettere a punto un programma di collaborazione internazionale e di integrazione europea: la prima versione della UE, a memoria d’uomo. Sulla carta, il progetto era splendido, ma l’ex monarca sapeva di non avere alcuna possibilità di attuarlo: era senza corona, e quindi senza alcun peso. Questo stato di cose gli dava molta amarezza. Per combatterla, Stanislao aveva bisogno tutti i giorni di qualcosa di dolce. Accontentarlo,però, non era facile: i pasticcieri lorenesi dovevano lambiccarsi continuamente il cervello per preparargli qualcosa di nuovo. Ma di fantasia ne avevano pochina, e così due giorni su tre al povero ex sovrano veniva servito il “kugelhupf”, un dolce tipico di quel territorio, fatto di con farina finissima, burro, zucchero, uova e uva sultanina. All’impasto veniva aggiunto lievito di birra, fino ad ottenere una pasta soffice e spugnosa. Stanislao il kugelhupf non lo poteva soffrire. Non che fosse cattivo: ma era, come dire, un po’ fesso, privo di personalità. E poi era asciutto, ma così asciutto che si appiccicava al palato. E non gli piacque nemmeno quando fu bagnato con una salsa di vino Madera, zucchero e spezie. Spesso non l'assaggiava nemmeno. Poi tornava ai suoi progetti per un mondo più giusto, senza vincitori né vinti (così quei maledetti che l’avevano sbattuto laggiù sarebbero stati serviti). Insomma, Stanislao Leszczinski viveva in una prigione: dorata, ma pur sempre una prigione. E’ comprensibile perciò che ogni tanto, per non pensare al passato, che gli faceva tristezza, e al futuro, che gli faceva paura, alzasse un po’ il gomito. Fedele ai suoi ideali di uguaglianza, beveva di tutto: a cominciare dai vini della Mosa e della Mosella, orgoglio della Lorena. Ma poichè da quelle parti gli inverni sono lunghi, freddi e nevosi, spesso gli ci voleva qualcosa di più forte. E lui l’aveva trovato: era il rhum, un’acquavite derivata dalla canna da zucchero, importata dalle Antille. Era buono, era tosto, e quindi era proprio quel che ci voleva. Un giorno Stanislao, che aveva già ingollato vari bicchierini di rhum, si accorse di avere una gran voglia di un buon dolce. Di qualcosa di veramente speciale. Perciò, quando il suo maggiordomo gli piazzò sotto il naso l’ennesima porzione di kugelhupf, l’allontanò rabbioso.Poi impadronitosi del piatto che il servitore teneva timoroso tra le mani, lo scagliò sulla tavola, lontano da sé. Il piatto terminò la sua corsa contro la bottiglia di rhum posata lì accanto, e la rovesciò. Prima che qualcuno potesse intervenire a risollevarla, il liquore aveva completamente inzuppato il kugelhupf. Sotto gli occhi ancora corrucciati di Stanislao ebbe luogo una straordinaria metamorfosi: la pasta lievitata dell’insipido dolce lorenese, per solito di colore giallastro, assunse rapidamente una tonalità calda, ambrata, e un profumo inebriante comincò a diffondersi intorno. Nella sala da pranzo c’era un silenzio che si sarebbe potuto tagliare col coltello. Invece Stanislao, sotto lo sguardo stupefatto della servitù, sollevò il cucchiaino d’oro (la mano gli tremava un po’), prelevò qualche frammento di questa Chimera: di quest’ibrido che si era materializzato sotto i suoi occhi, e lo portò alla bocca. Quel che provò lo sappiamo. Lo abbiamo provato tutti la prima volta che lo abbiamo assaggiato il babà. Perché nessuno può dimenticare il primo istante in cui si è trovato faccia a faccia con Lui (nessuno, tranne i napoletani: in genere, per loro questo momento arriva quando sono troppo piccoli per ricordarsene). Fu questa, una giornata memorabile per l’umanità. All’invenzione casuale del dolce inventato dal Re polacco tra le brume della Lorena: mancava il nome.Fu sempre Re Stanislao a dedicare questa sua creazione ad Alì Babà, protagonista del celebre racconto tratto da “ Le Mille e Una Notte”. Libro che il sovrano amava leggere e rileggere nel suo lungo soggiorno a Luneville . Il babà da Luneville arrivò presto a Parigi,alla pasticceria Sthorer. Qui in tanti lo conobbero e lo apprezzarono. A portarlo successivamente a Napoli,dove assunse la forma definitiva assai caratteristica (quella di un fungo) furono i “monsù”,chef che prestavano servizio presso le nobili famiglie napoletane. E da allora il babà elesse Napoli a proprio domicilio stabile. Un’ultima considerazione: nella cucina napoletana esiste più d’un dolce che – per il suo sapore – “po’ ghì annanz’o Rre”: può essere presentato al re. Ma il babà è l’unico dolce che dinanzi al Re non c’è andato: c’è nato. P.S.: I progetti utopistici di Re Stanislao si realizzarono in pieno: di fronte a una guantiera di babà tutte le controversie si appianano, e la Pace e la Concordia regnano sovrane. Un grande sapore ha sempre la meglio sui dissapori: grandi o piccoli che siano.
peppotto
peppotto
-
Inserito il 21/11/2009 alle: 22:08:45
quote:Risposta al messaggio di raffaele top inserito in data 20/11/2009  20:22:13 (Visualizza messaggio in nuova finestra)>
> Il Museo Nazionale di Capodimonte. L'unico con 3 gallerie. Farnese, Borbonica e d'Avalos. Più impressionismo napoletano. Il cielo è sempre più azzurro[:)]
17
McKioto
McKioto
27/02/2008 3270
Inserito il 22/11/2009 alle: 08:57:18
quote:Risposta al messaggio di peppotto inserito in data 21/11/2009  22:08:45 (

Visualizza messaggio in nuova finestra

)
>
> Museo e bosco di Capodimonte, stupendo!

http://www.museo-capodimonte.it...

http://www.boscodicapodimonte.it/

Buona visita, ciao Raffaella.
100669
100669
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Inserito il 22/11/2009 alle: 09:34:47
complimenti per le descrizioni e grazie per le info. E' un pensiero fisso venire a Napoli e zone limitrofe ma mi sapete indicare aree attrezzate o posti sicuri dove poter sostare per visitare la città. Grazie e mi salvo queste indicazioni perchè sono una bella guida virtuale; complimenti. Ciao Stefano
17
McKioto
McKioto
27/02/2008 3270
Inserito il 22/11/2009 alle: 10:06:08
quote:Risposta al messaggio di 100669 inserito in data 22/11/2009  09:34:47 (

Visualizza messaggio in nuova finestra

)
>
> Il camping "La solfatara" è un'ottima possibilità per sostare a Napoli con tutti i confort.

http://www.solfatara.it/camping...

Sei vicino alle linee dei treni che ti portano in centro città in pochi minuti e sei vicino alla bellissima zona dei campi flegrei.

http://www.icampiflegrei.it/

C'è anche l'area di sosta IPM nella zona Colli Aminei, vicinissima al Museo e bosco di Capodimonte, in centro, collegata con un comodo autobus di linea per la zona dei decumani e centro storico. Ci sono molte discussioni che trattano l'argomento, puoi guardare su "eventi" Napolimondocampersud e su "Italia" ponte dell'Immacolata a Napoli. Ciao e buona visita, Raffaella.
18
raffaele top
raffaele top
10/12/2007 2096
Inserito il 22/11/2009 alle: 12:16:34
quote:Risposta al messaggio di 100669 inserito in data 22/11/2009  09:34:47 (Visualizza messaggio in nuova finestra)>
> Ciao Stefano, approfitta dell'occasione e vieni al ponte dell'immacolata in occasione di Mondocapersud, per l'occasione c'è l'area sosta camper (sorvegliata) all'interno della struttura fieristica molto ben collegata con tutti i punti interessanti della città. Pagando la sosta camper si ha un biglietto omaggio gratuito per la fiera per cui la sosta ti costerà solo 6 euro.... Ti aspettiamo [:D][:D][:D][:D][:D][:D][:D][:D] Saluti raffaele piccirillo 3483346354

Modificato da raffaele top il 22/11/2009 alle 12:17:44
100669
100669
-
Inserito il 22/11/2009 alle: 12:23:49
grazie per l'invito ma il ponte abbiamo solo giorni ed andiamo in trentino ai mercatini perchè siamo di Venezia; pertanto pensavamo di fare Napoli ai primi di gennaio. Grazie per la cortesia e gentilezza. Stefano
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