Pubblicato:
28/05/2021 da
lauradamodena
Periodo:
09/05/2021 - 15/05/2021
(6 giorni)
Non specificato
Due sono i campers, un Gulliver e un McLouis guidati da Manuela e Laura, una proveniente da Milano e l'altra da Modena. Il progetto è di usare un solo camper una volta arrivate all'area di sosta prefissata, di preferenza il Gulliver meno ingombrante. Manuela è partita prima per fare i sentieri delle foreste del Parco Casentinese, Io l'ho raggiunta in seguito. Appuntamento all'area di sosta di Pratovecchio.
Domenica 9. Ci incontriamo all'area di sosta di Pratovecchio in via Uffenheim nel pomeriggio e c'è tempo solo per un giretto in paese, utilizzando la via ciclopedonale che costeggia l'Arno. Paese molto carino, tutto porticato. Incontriamo il primo esempio di quello che sarà uno dei leitmotiv di questo viaggio, le sculture dei Della Robbia e quelle dei loro diretti antagonisti, Benedetto e Santi Buglioni. Famiglia di scultori fiorentini (secoli XV e XVI). Luca ne fu il capostipite e mosse dalla scultura in marmo; Andrea, suo nipote, si diede invece subito a lavori in terracotta; Giovanni, figlio di Andrea, fu l'aiuto più largo e attivo del padre, ma più eclettico ed eterogeneo , come si vede in questa Madonna con Bambino e Santi molto colorata.
Lunedì 10. Villa Mausolea - Camaldoli, Monastero e Sacro Eremo, Passo La Calla - Campigna - Moggiona - Pratovecchio
Davanti a Villa Mausolea (sulla strada Pratovecchio - Soci - Partina - Camaldoli) scopriamo che, causa covid, le visite sono interrotte, quindi non si può far altro, per il momento, che ammirare l'esterno dell' elegante edificio seicentesco cinto da robuste mura,a tutt'oggi ancora di proprietà dei Monaci Camaldolesi. .All'epoca la maggior parte dei terreni e case posti lungo il torrente Archiano e sulle colline adiacenti erano di proprietà dei camaldolesi, Villa Mausolea doveva essere quindi la sede amministrativa di tali beni. Il prestigioso edificio fungeva anche da luogo di cura per monaci malati e da ospizio per quelli anziani. Era inoltre un punto sosta e una foresteria per quelle persone che si recavano a Camaldoli. Serviva anche come prima accoglienza a grandi personalità che andavano in visita all'eremo e al monastero camaldolesi. Sotto l'arco dell'ingresso è in bella evidenza lo stemma di Camaldoli con le due colombe che si abbeverano allo stesso calice.
A Camaldoli ci fermiamo davanti all'Abbazia e troviamo la possibilità di parcheggiare proprio nei pressi. L'antica Farmacia è aperta e bellissima. Chiuso il bar, ma un affisso ci dice che alle 13 sarà possibile mangiare alla cucina dei monaci. Per arrivare al Sacro Eremo ci sono due possibilità: a piedi, per un sentiero che all'inizio costeggia la strada e poi si addentra nei boschi, o in camper, 8 km (da 850 m. altezza del monastero a 1100 m). Scegliamo il camper e ci spostiamo un poco più avanti dove si apre a destra un bello spiazzo pianeggiante per mangiare e a sinistra un sentiero che porta all'interno di un castagneto. Da una collinetta si spazia tutto intorno, Verde a non finire, pace e solo il rumore di un lieve vento. Al Sacro Eremo ci incuriosisce ciò che è stampato sul portone d'ingresso, appena entrate:nomi di piante con il loro significato, piante che poi verranno ripetute anche nel soffitto della chiesa.
Anche qui, nella chiesa, troviamo una terracotta invetriata, questa volta di Andrea della Robbia. Madonna con Bambino, S. Romualdo, S. Maria Maddalena, S. Giovanni Battista e S. Antonio del Deserto.
Il pomeriggio è ancora lungo, quindi decidiamo di arrivare fino al Passo di Calla e a Campigna.
Il Passo non è un granchè, ma Campigna è molto carina. Non c'è un paese, solo un albergo, l'area camper più in basso, grandi prati dove pascolano tranquillamente dei cerbiatti. Un'oasi di pace e la possibilità di grandi camminate.
Per ritornare a Pratovecchio, prendiamo la strada che passa per Moggiona, che fino a qualche decennio fa ha basato per secoli la sua economia sull'artigianato del legno, per lo più finalizzato alla realizzazione di "bigoni" (termine dialettale per i contenitori di legno fatto a doghe per la raccolta dell'uva), arte ricordata da un interessante ecomuseo (chiuso). Scopriamo da una targa che il paese è stato interessato ad una retata durante la seconda guerra mondiale.
Martedì 11. Pratovecchio - Stia - Pieve di Romena - Castello di Romena - Badia di Santa Maria a Poppiena - Pratovecchio
La visita al Centro Informazioni del Parco Foreste Casentinesi e Punto informativo turistico (tel. 0575-503029) già contattato nei giorni precedenti il viaggio, è produttiva: troviamo cartine di sentieri, delle città più importanti, un compendio di tutti i monumenti importanti e anche quello degli eventi, e un pass con il 10% di sconto su alcuni monumenti a pagamento (Museo della lana di Stia, Museo Archeologico di Bibbiena.......)
Ci spostiamo a Stia, per visitare il paese, carino con la cascata del torrente Staggia, la piazza Tanucci tutta in salita sulla quale si apre la Pieve di Santa Maria Assunta (XII sec.), romanica all'interno ma barocca all'esterno. Altre terrecotte invetriate, una Madonna con Bambino di Andrea della Robbia (1490 circa)e un ciborio, sempre in terracotta invetriata policroma, di Santi e Benedetto Buglioni (1525 circa), otre ad altre pregevoli opere fra il 1400 e il 1500. In Piazza Mazzini, quasi interamente occupata da giardini pubblici con una bella fontana al centro, si può ammirare una grande opera d’arte moderna in ferro forgiato, per ricordare che Stia è il paese del ferro battuto. Un mestiere presente fin dal medioevo la cui tradizione ha dato origine alla Biennale Europea dell’Arte Fabbrile di Stia, una grande manifestazione che si tiene nei primi giorni di settembre degli anni dispari. Nell’occasione vengono esposti lavori artistici e artigianali di tanti fabbri italiani ed europei. Molti di loro si cimentano anche in una sorta di concorso estemporaneo che si tiene proprio in questi giardini con fuoco, ferro rovente e fracasso delle martella.
Nei pressi della cascata, sorge l'Oratorio della Madonna del Ponte, con una terracotta invetriata del1531, quindi più vecchia della chiesa (Vergine con Bambino tra i Santi Rocco e Sebastiano) attribuita a Santi Buglioni; con lo zio Benedetto Buglioni, fu collaboratore ma principalmente antagonista, dei Della Robbia, la famiglia di ceramisti fiorentini che con Luca della Robbia aveva per prima messo ha punto la tecnica della invetriatura della ceramica. Si dice che questo segreto sia stato carpito da una donna che frequentava la casa dei Della Robbia, e in seguito arrivato ai Buglioni.
A Stia c'è il Museo dell'Arte della Lana (10% di sconto) realizzato nei primi due piani del vecchio Lanificio di Stia: una grande mostra, attraverso molte vecchie macchine di varie tipologie, prodotti e documenti, illustra in modo esaustivo quella che fu la storia di questa importante realtà industriale. La sua attività produttiva entrò in crisi fin dal secondo dopoguerra. E’ cessata definitivamente nel 2000. Il prodotto simbolo del Lanificio di Stia è stato il Tessuto o Panno Casentino.
Nel pomeriggio, altro leitmotiv di questo viaggio: le pievi romaniche. Il Casentino è caratterizzato dalla presenza di chiese medievali costruite in questo stile, molto sobrio, austero. L’edificazione delle cinque più grandi e famose risale a un periodo abbastanza limitato di tempo, dal 1150 al 1170, coincidente con la massima espressione del feudalesimo. Costruite per il popolo che partecipò attivamente come mano d’opera, per i Signori del luogo furono segno di lustro. Inoltre la pieve era anche un organo amministrativo. Solo qui era presente il fonte battesimale, e qui si celebravano i funerali, fungendo da anagrafe.
Il Palagio Fiorentino, dal nome così romantico, è privato e non è visitabile. E' riservato a convegni ed eventi. Visitabile però è il parco.
Pieve di Romena, a 2 km di distanza dall'area di sosta, è possibile arrivarci a piedi partendo da qui.. Superato il ponte sull’Arno, provinciale 73, in salita. Dopo l’ultima curva appare la Pieve . E 'aperta tutto il giorno. Posta in aperta campagna, è uno dei più importanti esempi di romanico in Toscana e dichiarata Monumento Nazionale. I capitelli quasi tutti diversi tra loro, mostrano tanti motivi, da quelli biblici a quelli vegetali, dalle feroci fiere ai celesti angeli e cherubini. Le stesse maestranze lombarde negli anni subito successivi alla sua costruzione eseguirono i capitelli della Pieve di Stia, di Strada in Casentino e di quella di Montemignaio.La scritta TEMPORE FAMIS MCLII (Tempo di carestia 1152) è scolpita sul secondo capitello della navata di sinistra. Dal 1991 questa Pieve è anche sede della Fraternità di Romena, luogo di fede e amicizia, d'incontro e confronto. Interessante è aggirare il caseggiato che sta di fianco.
Dalla Pieve si può salire al Castello dei Conti Guidi. In Casentino ci si imbatte continuamente in questa casata: fra castelli fondati o conquistati,dominarono questa valle per oltre tre secoli. Il Castello di Romena è comunemente ritenuto il più antico del Casentino, ma non fu fondato da loro. Lo si trova citato per la prima volta in un documento del 1008 come “castrum” appartenente al Conte Guido Alberto della Signoria di Spoleto che in questa zona possedeva un vasto territorio. Passò ai Conti Guidi per via parentale. Nel 1357 i Guidi lo vendettero ai fiorentini che misero in atto il suo restauro.
E' abbastanza rovinato ma si possono ancora vedere le tre torri. All' inevitabile e irreversibile decadimento contribuirono l’occupazione e i danneggiamenti del capitano di ventura Niccolò Piccinino nel 1440 (contro Firenze), il successivo disinteresse di Firenze che non lo ritenne più di alcuna utilità, due violenti terremoti: 1599 e 1729. Il castello divenne anche una comoda cava di pietrame per chi voleva costruire una casa o realizzare i muri di un terrazzamento agricolo.
Il Castello è raggiungibile sia con il camper che a piedi, con una passeggiata di circa un chilometro in leggera salita su una strada carrabile. Al momento è aperto solo venerdì , sabato e domenica. 10- 13.30.30-19 ( 350-1963285) Pare che il panorama dal Castello sia impagabile, ma oggi è nuvolo e non si vede niente.
Girando dalla parte sinistra, si apre un sentiero che arriva alla Fonte Branda, citata con Romena da Dante nel Canto XXX dell'Inferno. Ci sarebbe piaciuto andare, ma le recenti piogge hanno reso il sentiero pieno di erba molto scivoloso.
La Pieve di Poppiena non è molto distante dall'area di sosta, volendo ci si può arrivare anche a piedi. Individuarla non è così facile perchè bisogna imboccare a piedi una stradina molto stretta . Si può lasciare il camper in un parcheggio sulla destra (provenendo dall'area di sosta) prima di arrivare alla stradina che si trova sul lato opposto.. E' chiusa.
Leggiamo in un cartello esplicativo, oltre alle notizie sulla chiesa, che qui c'era un porto fluviale da cui partivano i tronchi per le costruzioni di Firenze e Pisa. Incuriosite, attraversiamo la strada per capirne di più, visto che l'Arno non è così distante. Chiediamo ad un signore che deve aver seguito tutti i nostri maneggi perchè sembra essere lì pronto a darci spiegazioni. Infatti ce le dà, ci fa vedere dove era situato il porto e come facevano. Poi, allontana qualche ramo di eucalipto e ci fa notare un grandissimo cedro nel giardino di una villa che definisce "granducale". Pare che il Granduca di Toscana trascorresse tempo qui. Ora la villa è chiusa e in vendita.
Mercoledì 12. Pratovecchio - Poppi - Pieve di Strada - Montemignaio - Bibbiena
Partenza per Poppi. L'area di sosta (La Crocina, comunale, fra la SP65 e viale dei Pini) è un semplice parcheggio con molte macchine e nessun cairco-scarico promesso, almeno non l'abbiamo visto. Vicino c'è una scuola e all'ora di uscita è intasato dalle macchine.A nostro parere, è ottima per la visita della città, ma non per dormirci. Infatti, per dormire andremo a Bibbiena.
Si entra nel paese da porta Fronzola e colpisce la "Torre dei Diavoli". Poppi è una deliziosa cittadina, porticata, ma è tutto chiuso. L'unica aperta è la bottega di un pittore, Carlo Lanini, che, vista la nostra curiosità, ci fa cenno di entrare. I suoi quadri sono molto belli, ritratti dagli sguardi intensi.
E' aperta la Badia di San Fedele, di particolare valore devozionale per gli abitanti della zona perché legata alla figura del Beato Torello, Santo per i poppesi e patrono del borgo, le cui spoglie si conservano nella cripta in stile romanico. Chiuso invece l'Oratorio della Madonna del Morbo, edificio a pianta esagonale del XVII secolo.
Saliamo al Castello dei conti Guidi.E' su un'altura e lo si vede anche da molto lontano perchè domina la valle. Un busto di Dante Alighieri posto nella piazza antistante ricorda il legame del Sommo Poeta con questo storico edificio, nel 1310 fu qui ospitato per un anno dal Conte Guido di Simone da Battifolle durante il suo esilio da Firenze. Dante sembra abbia composto in questo periodo il XXXIII canto dell’Inferno. Il percorso si svolge su più piani, . Interessante la Biblioteca Rilliana , gioiello culturale non solo del castello e di Poppi, ma dell’intero Casentino: Un inestimabile patrimonio di 25000 volumi antichi. Fu realizzata alla morte del Conte Fabrizio Rilli Orsini (1828) che donò il suo enorme patrimonio librario alla comunità di Poppi. All'ingresso dell'ultimo piano, detto anche Piano Nobile perché qui si trovavano le stanze residenziali dei Conti Guidi, ci dà il benvenuto la cariatide del Conte Guido Simone da Battifolle, vissuto a cavallo tra il XIII e XIV secolo e figura di maggior rilievo della casata. Con lui il Castello crebbe in dimensioni assumendo praticamente quelle odierne. Nella sala più grande è esposto l’interessante plastico della Battaglia di Campaldino che mostra la disposizione degli schieramenti delle truppe Guelfe di Firenze e Ghibelline di Arezzo prima di affrontare questo sanguinoso scontro che si tenne l’11 giugno 1289 nella piana a poca distanza e in vista dal castello. Il personaggio con il cavallo che si alza sulle zampe è Dante Alighieri (lo si vede anche in una rotonda sulla strada per Poppi). Un’irta scalinata in legno che parte dal ballatoio del Piano Nobile conduce alla cella campanaria posta in cima alla torre del Castello (104 scalini). Durante il percorso, l’antico meccanismo dell’orologio. Arrivate, senza fiato, e sperando che la campana non suoni (e invece suonerà, un fracasso inaudito), si potrà godere del panorama e riflettere sulla piana di Campaldino che si stende ai piedi.
Nel pomeriggio decidiamo di visitare la Pieve di Strada. Una manciata di chilometri ci separa da questa cittadina nel territorio del Comune di Castel San Niccolò. La pieve di San Martino a Vado (guado da cui vado, per la presenza di un attraversamento del torrente Solano nei pressi della chiesa) si trovava lungo una viabilità importante che dal Casentino conduceva sia verso Firenze e Fiesole, sia nel Valdarno attraverso i varchi posti sul crinale del Pratomagno. Come per altre chiese, in particolare quella di Romena e di Cascia di Reggello in Valdarno, anche per questa di Strada una tradizione ricorda la Contessa Matilde di Canossa, o Matilde di Toscana, (1115) come finanziatrice dell'opera,. "pro rimedio animae". Di sicuro i patrocinatori di questa pieve furono i Conti Guidi proprietari del sovrastante Castello di San Niccolò. La chiesa è chiusa, anche se al Centro turistico l'avevano data come aperta. Il numero di telefono rilasciato ad ogni buon conto (0575-502230), risolve la situazione. Arriva un signore, Piero, che svela l'arcano: il parroco la chiude per paura del Covid, ma è disponibile. Infatti , al seguito di Piero, andiamo e la Pieve viene aperta. Il parroco, Don Roberto, è molto gioviale, ci spiega un sacco di cose: la pieve era stata trasformata dal romanico in barocco, con moltissimi orpelli e decorazioni. Il parroco precedente le ha tolte tutte e le ha ridato lo splendore di un romanico essenziale.I capitelli, bellissimi, presentano lo stesso stile di quelli della Pieve di Romena e di Stia, segno evidente che furono realizzati dalle stesse maestranze o provenivano dalla stessa scuola (lombarda). Possiamo ammirare capitelli, affreschi e tele senza fretta, anzi, i nostri ospiti ci paiono contenti del diversivo che abbiamo creato. Uscendo dalla chiesa, non si può non notare il Castello in alto, Castel San Niccolò .In epoca medievale fu castello grande e potente, nei secoli ha cambiato più volte appartenenza.Lo si può raggiungere in auto o anche a piedi percorrendo un’antica ed irta stradina selciata in salita che parte dal ponte sul torrente Solano e giunge ad una delle antiche porte del castello, sotto la Torre dell’Orologio.Passerà il camper? Piero ci toglie dall'imbarazzo: ci accompagnerà lui con la sua macchina. (il camper non sarebbe passato). Nel piccolo borgo abitano 7 persone che lo tengono in vita. e due di loro si industriano a farci da guida. I turisti non devono essere così frequenti da queste parti. Osserviamo i giardini, stazioniamo sotto la torre dell'Orologio, ci fanno entrare in una cappella che una volta era una prigione. Nell'attesa, un condannato a morte realizzò un "dipinto" con la mollica di pane, talmente particolare che gli ha fruttato la grazia..
Dopo le foto di rito, scendiamo a valle per proseguire il viaggio. Ma nel tragitto fra il Castello e la cittadina, Piero ci racconta che fa parte di una filodrammatica e lui sta componendo un poemetto umoristico.che, Covid permettendo, verrà rappresentato. L'argomento è dantesco in terzine dantesche; e riguarda Dante e Beatrice che possono venire qui in una vacanza premio, Ce ne legge una piccola anteprima, davvero fantastico. Quando ci sarà la rappresentazione, ci piacerebbe assistere, Piero promette di avvisarci.
Montemignaio è a pochi chilometri, ma la Pieve è chiusa. Orami è tardi e il numero di telefono di riferimento è quello del Comune (0575-542013). Decidiamo di lasciare stare e ci avviamo verso Bibbiena dove prevediamo di sostare per questa notte e i prossimi giorni..
Giovedì 13. Bibbiena - Santa Maria del Sasso - Pieve di Socana - Carda - Bibbiena
A Bibbiena non c'è una vera e propria area camper, ma alcuni grandi parcheggi. Abbiamo seguito le indicazioni "Parcheggio 5". Il parcheggio è grande e in piano, pochissimo affollato e non ci sono servizi: Da qui partono le scale mobili (quando vanno) per salire in centro storico. Subito andiamo al museo Archeologico (0575-956527) che si rivela essere anche il Centro informazioni turistiche (10% di sconto). E' un museo non tanto grande,suddiviso in sei stanze realizzate con cura e attenzione. I reperti provengono dai luoghi circostanti, sono interessanti e, avendo visitato i posti, o dovendoli ancora visitare, è un buon completamento per capire la storia della vallata dal periodo preistorico al medioevo. Ogni sala tratta temi diversi e luoghi casentinesi che si sono rilevati di particolare interesse archeologico.
Al termine, giro per la città. Le chiese, quella di San Lorenzo e l'Oratorio di San Francesco sono chiuse. Invece la Propositura è aperta e si possono ammirare alcune opere d'arte interessanti. I palazzi del centro storico sono signorili, ognuno con le sue decorazioni.
La giornata non è proprio bella e c'è un vento freddo che non aiuta. In Piazza Tarlati svetta la “Torre dell’orologio” di fattura medievale. Ci viene incontro un signore che si qualifica come guida volontaria e ci propone di accompagnarci in giro. Ci fa notare la simmetria della piazza e ci racconta che la torre dell'Orologio non è fuori posto perchè, al posto del caffè che ora vediamo c'era una volta il castello. Gli diciamo che siamo passatti dall'Oratorio di San Francesco, ma era chiuso. "Venite che lo apro" e così è stato. Molto molto barocco. Anche un po' troppo carico. Concludiamo il giro, scendendo attraverso vicoli finchè non arriviamo ad una mostra fotografica, ma stanno chiudendo per la pausa pranzo. Non ci resta che accontentarci delle gigantografie che soo esposte nel cortile.
Nel pomeriggio, visitiamo la rinascimentale chiesa di Santa Maria del Sasso, che porta questo nome per onorare l’apparizione della Vergine avvenuta nel 1347 sopra un grande masso oggi ben visibile all’interno. Tre sono le chiese comunemente definite chiesa superiore, chiesa inferiore e terza chiesa, tutte visitabili dalle quali si può notare lo sviluppo del sasso. Entriamo dal chiostro affrescato, con riquadri che parlano di miracoli avvenuti, iniziando dal primo, quello dell'apparizione ad una bambina di 7 anni, Caterina; una “bellissima donna bianco vestita” la esortò all’ amore di Dio e alla purezza e le diede dei baccelli, che poi la sera a casa furono trovati pieni di sangue: conferma del racconto di Caterina e presagio della terribile peste del 1348, da cui Bibbiena e dintorni rimasero immuni.
Fra le tante opere, una pala in terracotta policroma invetriata di Santi Buglioni e l'affresco della Madonna del Sasso di Bicci di Lorenzo (1430 circa) nel tempietto.
E' la volta della Pieve di Socana. Qui c'è un doppio senso di visita: oltre alla Pieve, un'ara etrusca di fianco alla chiesa. Al sito archeologetrusco si può accedere in qualunque momento, tutti i giorni. i Il percorso da fare per vederla da vicino è facilmente individuabile. Invece, per visitare la Pieve (al nostro arrivo era chiusa), bisogna chiedere la chiave al negozio di alimentari nei pressi. Così ci ha detto la persona alla quale abbiamo telefonato (+39.333.9631188 – Ilaria) e così abbiamo fatto. Forse, quando il negozio è chiuso, bisogna chiedere alla Pizzeria che sta di fronte.
L'ara, databile al V secolo a.C. si trovava davanti al tempio dedicato alla dea Tinia Minerva alla quale si sacrificavano capretti, agnelli, cinghiali di cui sono stati trovate ossa e denti. Sono stati inoltre ritrovati 12 scalini in “tufo locale” con sotto la pietra d’appoggio che permettevano l’accesso al tempio, visibili dietro una grata in ferro a sinistra dell'abside attuale, in esterno.
L'avvento del cristianesimo vide la ripresa di Socana dal punto di vista cultuale quando si cercò di soppiantare i vecchi culti pagani con l'edificazione nel VIII-IX secolo di una piccola chiesa, di cui rimangono soltanto pochi resti scultorei al museo archeologico di Bibbiena.
La pieve romanica risale al XII secolo, sistituendo un'altra pieve preromanica, è a tre navate e praticamente quadrata. con capitelli semplici e raffigurazioni rese indecifrabili dall'usura.Anche gli stemmi araldici sono ormai illeggibili. Il meglio conservato è quello posto sulla parte interna del primo pilastro di sinistra. Secondo alcuni studiosi sarebbe lo stemma di Papa Leone V, anche se la cosa appare piuttosto dubbia, visto che ebbe tra l'altro un pontificato brevissimo, circa un mese nell'estate del 903. Molto particolare è l'architettura della torre campanaria che appare cilindrica (la più antica) per due terzi nella parte inferiore, esagonale in quella superiore. Per molto tempo si era supposto che il campanile fosse stato ricavato su una torre d'avvistamento romana qui presente per l'importanza viaria del luogo.Oggi quest'ipotesi è accantonata, si pensa semplicemente che in campanile sia stato realizzato seguendo uno stile ravennate, visto che l'importante viabilità qui presente in epoca medievale si dirige anche verso la Romagna. Molti reperti provenienti da questa chiesa si trovano al Museo Archeologico di Bibbiena.
il pomeriggio è ancora lungo e intendiamo sfruttarlo appieno. Ci dirigiamo verso Carda, nel cuore del Pratomagno.
A questo minuscolo paesino, però all'ingresso le macchine posteggiate non erano poche, ci si arriva per una strada stretta, difficoltoso passare se giunge una macchina, o peggio un pullmino, dalla parte opposta. Il Gulliver è snello, quindi, tutto ok. Nonostante l'esiguità del paese, per gli aretini era un avamposto verso i Conti Guidi che si trovavano nel Castello di Raggiolo, appena al di là del poggio..La chiesa è chiusa (ci siamo perse una terracotta invetriata di Santi Buglioni), ma è veramente bello passeggiare per questi vicoli stretti in mezzo alle case di sasso.
Dopo tanta bellezza, bisogna scaricare le acque nere del camper. Ricorriamo al Camper service situato in via Palazzetto, presso distributore carburanti, nessun logo nazionale (al momento Bibbiena Oil), di fronte a centro commerciale Coop.
Venerdì 14. Bibbiena - Badia a Tega - Reggiolo - Quota - Bibbiena
Sulla strada per Raggiolo, il bivio indica Villa e Badia a Tega, il paese con figure contro il malocchio e gli spiriti maligni scolpite sui muri di alcune case. All’arrivo ci accoglie una bella chiesetta sulla cima di una scalinata, chiusa. Le facce si confondono con la pietra e non sarebbe stato facile individuarle se non fosse stato per una signora che ci ha indicato le case. Sono facce brutte ma è interessante il contesto. La strada per arrivare non è particolarmente stretta.
Riprendiamo la direzione Raggiolo iniziando a salire in modo più deciso con la strada che s'incanala nella valle del torrente Teggina.. Tra i borghi posti sulle pendici del Pratomagno, è quello dalle origini più antiche e dalla storia più intrigata. Nel XIII secolo il castello diviene proprietà dei Conti Guidi. Poi appartenne per qualche anno agli Ubertini di Chitignano, ma nel 1325 il vescovo di Arezzo Guido Tarlati lo assegnò al fratello ed al nipote. La vittoria fiorentina nella Battaglia di Campaldino del 1289 aveva lasciato le sue conseguenze e la forza politica militare di Firenze in Casentino andava a farsi sempre più forte. Così a metà XIV secolo il Castello di Raggiolo si sottomise alla Repubblica Fiorentina e insieme ad altri Castelli andarono a formare quella che fu chiamata "Valle Fiorentina". Niccolò Piccinino, un capitano di ventura al servizio di Filippo Maria Visconti, Duca di Milano, nel 1440, per far danno ai fiorentini distrusse completamente e incendiò il castello uccidendo la maggior parte degli abitanti. Fino al secondo dopo guerra il paese ha tratto ricchezza dalle risorse dal legname dei boschi, dalle castagne e dalla loro farina, dalla pastorizia e da altri tipi di allevamento. Per questa sua economia del passato il borgo è giustamente sede dell'Ecomuseo della Castagna del Casentino . E' chiuso e ci sarebbe molto piaciuto visitarlo. Raggiolo si presenta ordinatissimo, i borghi e i vicoli sono perfettamente lastricati, le case sono completamente ristrutturate.
L'ultimo paese che vogliamo visitare prima del rientro definitivo è Quota, in origine Coita, che nasce nel XVI e XVII secolo sui resti di un castello medievale; al momento dell’edificazione del paese c’era l’esigenza di costruire il maggior numero di case possibili in uno spazio “assegnato”, che poi era quello delimitato dalle mura del castello. Questo percorso edificativo è presente anche in altri borghi sulle pendici del Pratomagno. Del suo fortificato passato oggi Quota non ci mostra quasi niente perchè le testimonianze sono solo nei documenti. Allora, perchè andarci? La solita, vicoli perfettamente lastricati e ordinati che s’intrecciano in un continuo saliscendi. La strada per arrivarci è bella e sufficientemente spaziosa, il parcheggio confortevole e ampio, e all'ingresso del paese ci accoglie l'unico negozio di alimentari, "Pane e Olio" che dalla vetrina promette deliziose merende. Peccato che sia ora di pranzo inoltrato e sia chiuso.
Sabato 15. Per rientrare scegliamo la via di Firenze senza prendere l'autostrada, ma attraverso la strada della Consuma e il suo passo. La strada è molto bella, si intravvedono sulla sinistra panorami fantastici. Al passo ci si può fermare e ammirare il panorama del Casentino.