Pubblicato:
08/10/2009 da
T4t4
Periodo:
26/04/2008 - 30/05/2008
(34 giorni)
Non specificato
Superata la dogana ucraina, il punto d'incontro di 8 camper italiani e 9 camper francesi è il parcheggio dell 'ippodromo di Leopoli. Gli equipaggi sono composti tutti da pensionati,alcuni ultrasettantenni.
Arrivati con un giorno di anticipo , abbiamo la possibilità di visitare la graziosa ed elegante città il cui centro è incluso nel patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.
Evidenti gli stili e le forme architettoniche più diverse: il gotico originario che convive con il rinascimento italiano e il barocco della ristrutturazione settecentesca.
Avvenuto l'incontro con le guide e risolte alcune formalità,il 27 aprile di buon mattino si parte.
I due gruppi viaggiano separatamente lungo il percorso che porta a Kiev per poi ritrovarsi , a sera ,
in un delizioso campeggio immerso nel verde.
Il mattino seguente , il fascino della città che sorge sulle rive del Dnepr ci conquista. Imponente il complesso di S.Sofia dove fa da padrone la cattedrale, centro politico e culturale dell'antica Rus'Kieviano con il campanile dalla cupola dorata, i 3000 metri quadrati di affreschi, i grafiti medioevali e i mosaici dell' XI secolo che ornano le pareti interne.
Poco distante la porta d'oro , solenne ingresso alla città. Interessante il teatro dell'opera anche se ricostruito ai primi del '900 dopo che fu distrutto da un incendio.Inoltre la cattedrale di S.Vladimiro
la chesa di S. Andrea,il monastero di San Michele con le 7 cuoule dorate , il monastero delle grotte.Dall'alto domina l'Arco della fratellanza , grandioso monumento alto 50 metri eretto nel 1982 a ricordo della riunificazione dell'Ucraina alla Russia.
La serata non poteve finire meglio:una cena folkloristica in un delizioso locale all'interno del campeggio con piatti , arredamenti e canti ucraini.
Il giorno seguente lasciamo Kiev e per parecchi chilometri attraversiamo una campagna coltivata prevalentemente a grano: distese di campi stranamente senza la presenza di contadini . Si intravedono , ogni tanto , gruppi di casupole piuttosto modeste: impressionante è la mancanza di colore,dominante il grigio. Ai bordi della strada animali domestici brucano tranquillamente, mentre modeste quantità di patate , cipolle , ravanelli , sono esposte in vendita ai passanti.
Nel tardo pomeriggio sostiamo per ripartire l'indomani , percorrere circa un centinaio di chilometri e raggiungere la frontiera russa. La sosta è abbastanza lunga e quando si riparte , ci si immerge ancora nella campagna appena arata o in attesa di semina.La terra é nera e a volte la visione di questa immensa estensione di colore uniformemente scuro é impressionante.Pochi villaggi sparsi,case allineate nascoste fra la vegetazione.Qui sembra che la vita si sia fermata.
Questa é la zona dove i nostri soldati hanno combattuto e dove molti hanno perso la vita.Durante la ritirata , l'immensa distesa di neve rendeva il paesaggio uniforme , sicché i soldati , non avendo riferimenti , perdevano l'orientamento e morivano di stenti e di freddo.Sostiamo a Rossosh.
Al mattino incontriamo il professore Morosov , colui che ha creato e cura un piccolo museo dove sono custoditi reperti e testimonianze fotografiche dei soldati italiani.Gli alpini italiani , dopo la guerra , hanno costruito un asilo per gli abitanti della città con l'impegno che il sotterraneo fosse riservato per un museo ricordo.Commovente l'incontro con una signora che ha potuto soddifare un desiderio che non é stato possibile per suo padre :quello di abbracciare un italiano in tempo di pace. Durante la guerra , il padre aveva dato sepoltura a quattro soldati italiani trovati uccisi.
Continua la traversata della Russia che sembra veramente interminabile : si viaggia , si viaggia e sembra di non arrivare mai a destinazione. Lungo il percorso ancora testimonianze della guerra.
Rggiungiamo Volgograd . Sostiamo sulla collina dove si svolse una cruenta battaglia e dove i tedeschi , su ordine di Hitler , dovettero resistere fino alla sconfitta . Qui arde la fiaccola perenne e domina la statua della Madre Russia alta 85 metri a ricordare la grandezza e la potenza della nazione ; un altorilievo lungo 17 metri “Memoria delle generazioni” all'ingresso del complesso.
Lasciamo la città e dopo alcuni chilometri , ci inoltriamo nella steppa , paesaggio uniforme , dove una mucca che bruca solitaria é l'unico segno della presenza di vita . A distanza di parecchi chilometri uno dall'altro , fanno capolino piccoli agglomerati di baracche . Il paesaggio é interrotto da una macchina fumante di un treno lungo più di un chilometro che trasporta cisterne di petrolio. Il traffico é scarso , ma l'attenzione é costante , non per l'attraversamento di pedoni , ma per quello di quadrupedi che improvvisamente decidono di cambiare pascolo . Nel terreno allagato tranquillamente sostano mandrie di mucche .
Siamo arrivati al confine con il Kasakistan . La sosta alla dogana é piuttosto lunga . Entriamo ora nella zona dei pozzi petroliferi . Cambia il paesaggio , ma cambiano anche le strade . Qualche ciuffo d'erba fa capolino fra il terreno sabbioso .Non si incontrano villaggi ,ai lati della strada , ogni tanto piccoli cimiteri , le tombe formate da piccoli recinti in muratura dove domina la mezza luna . Lunghe file di autobotti trainate da motrici fumanti si snodano all'orizzonte come serpentoni ; mandrie di cammelli e dromedari dal pelo lungo brucano raspando il muso sulla sabbia. Le strade in parte sono fangose , parte in terra battuta , parte con pietrisco ; non mancano avvallamenti e buche . I nostri mezzi procedono lentamente , a slalom , mentre quelli del posto viaggiano veloci , sorpassano con indifferenza costringendoci spesso a manovre forzate . La strada ci porta all'interno del deserto ; il fondo stradale si fa sempre più tormentato , si procede con molta accortezza sul pietrisco .Proseguendo il fondo stradale alterna tratti asfaltati a tratti anche di 80 chilometri in terra battuta a grimagliera che costringe a continui sussulti in un mare di polvere .
Arriviamo alla dogana uzbeka . Siamo fuori orario , la dogana é chiusa e qui trascorriamo la notte . Arrivano anche dei pulmann che trasportano lavoratori che tornano dall'estero . Anche loro trascorrono qui la notte . Fa freddo e per riscaldarsi bruciano bottiglie vuote di plastica . D'altro canto qui non é reperibile altro materiale infiammabile . Al mattino, in attesa dell'inizio delle operazioni di dogana, familiarizziamo con gli uzbeki che si mostrano disponibili al dialogo anche se questo avviene a gesti e a segni . I poliziotti ci riferiscono che é la prima volta che dei camper varcano questo confine e con molta curiosità , ci chiedono di poterli visitare.
Continua il deserto e il prossimo rifornimento di carburante si fa da un bidone con pompa a mano. Ancora qualche chilometro ed ecco che si susseguono alcuni centri abitati. Al nostro passaggio le persone si fermano, ci fanno cenni di saluto. Vestono abiti dai colori vivacissimi, soprattutto le donne; ai bordi della strada espongono le loro merci. Piccoli somari trainano carretti e trsportano merci e persone. La strada é fiancheggiata da alberi di gelso, nutrimento per i bachi da seta. Non dimentichiamo che da qui passava la via della seta. Durante una sosta visitiamo un mercato che occupa una vasta superficie. L'aria é impregnata dagli odori emanati dai mucchi di spezie sistemati su teli stesi a terra, mentre i colori dei cetrioli dei ravanelli grossi come mele,dei fragoloni e delle ciliege fanno da cornice ai costumi vistosi delle donne che, sorridenti, invitano alla sosta offrendo le loro merci sistemate su bancarelle di fortuna; in vista rudimentali bilance .
Qui si vive una realtà molto lontana da quella in cui noi vivivamo:ritmi lenti, molta serenità.
Si riparte , attraversiamo un fiume su un ponte di barche, pochi chilometri ancora e siamo a Khiva piccola cittadina uzbeka chiusa da antiche mura di mattoni di sabbia. Per recuperare spazi queste mura sono servite, in tempi passati, anche come tombe di personalità. Una porta ci introduce in strette viuzze animate da turisti.Da una porticina il battito ritmato di un martello:é un artigiano che lavora il rame. Su un banchetto fuori da una abitazione, due ragazzi intagliano il legno con molta abilità. Le donne in abiti coloratissimi invitano i passanti ad entrare nelle loro botteghe; dai muri pendono drappi di seta e borse ricamate a fiori.Siamo nella moschea Djouma,la moschea del venerdì con le sue 218 colonne di legno mirabilmente scolpite; il minareto, una scaletta a chiocciola porta fino alla sommità da dove si gode uno stupendo panorama ,su tutto spiccano le tondeggianti cupole; le madrasse con i deliziosi cortili interni, le facciate dei palazzi decorate da ceramiche azzurre,il caravanserraglio, la tenda nel cortile del palazzo del sultano per ricordare la discendenza nomade del popolo sono piccoli gioelli amorevolmente conservati. Molto particolare la sala della celebrazione dei matrimoni;per buon auspicio sopra l'ingresso una cicogna che porta col becco un bambolotto avvolto in un fagottino.Una antica madrassa ora ha funzione di albergo, albergo da sogno. Il vento non ci permette di calare dal minareto il telo con la scritta Sanpietroburgo.
Ultimo atto, una foto di gruppo camper , sullo sfondo le antiche mura.
La via della seta , dopo un tratto di deserto, ci porta nuove insidie: un ponte di barche in un momento in cui la portata del fiume non é al massimo. I camper più lunghi hanno qualche problema nel superare il dislivello.,problema risolto dai “carovanieri “che con cunei e sacchi di sabbia hanno alzato il fondo stradale..
Breve sosta fuori programma lungo la strada che ci porta a Bukhara: Ugo offre a tutti la “conca”, una specialità del posto;si tratta di un involucro di pane ripieno di carne che viene cotto all'istante sulle pareti di un forno di terracotta a forma di barile.
Si prosegue , pian piano cala la sera , ma si decide di continuare fino al parcheggio prestabilito.Siamo a Bukhara.
L'indomani, accompagnati dalla guida, raggiungiamo il centro, testimone, con i suoi monumenti, di antica storia e cultura.Ammiriamo le moschee, una delle quali anticamente riservata solo alle donne, la moschea della preghiera quotidiana, quella del venerdì e quella in funzione solo 2 volte l'anno; i soffitti a cassettone dei porticati sostenuti da colonne in legno dai capitelli finemente intagliati, il palazzo dell'Emiro, le madrasse di cui una ancora funzionante che dispopne di 114 stanzette per lo studio del corano e per la meditazione; le azzurre cupole e l'imponente minareto. Le ceramiche che rivestono le facciate dei palazzi sono di colore prevalentemente azzurro-blu ,i ricami e le scritte sono testimoni dei personaggi storici che hanno voluto la loro edificazione. Pittoreschi bazzar sono animati da turisti abbastanza numerosi in questo periodo. Non é mancata una visita ad un laboratorio dove, abili mani di giovani donne, tessono preziosi tappeti in seta, cotone e lana.
L'indomani lasciamo la città e ci inoltriamo di nuovo nel deserto. A distanza di qualche chilometro, industrie chimiche fanno notare la loro presenza sprigionando un odore nauseante. Dove probabilmente é presente una sorgente di acqua, alcuni piccoli appezzamenti di terreno sono coltivati. Greggi di pecore e capre, alcune mucche pascolano tranquillamente. Si incontrano piccoli villaggi le cui abitazioni,sempre chiuse da recinti sono costruite con mattoni di sabbia cotti al sole. Proseguendo il terreno diventa sempre più fertile e le coltivazioni aumentano: grano, viti,alberi da frutta . Lasciata Sraslisab, città che diede i natali al Tamerlano e dove della imponente residenza estiva rimangono solo due tronconi del portale, saliamo per una ripida strada a tornanti fino ai 2000 metri.La zona é ricca di vegetazione,sembra di viaggiare fra le nostre montagne. Attraversiamo diversi villaggi dalle abitazioni modeste e dove il mezzo di trasporto, sia per le persone sia per le merci, é un piccolo asinello.
E' sera e siamo ormai alle porte si Samarcanda. Ci sistemiamo in un parcheggio custodito e l'indomani iniziamo la visita alla città. Poco lontano dal centro, la zona universitaria immersa in un esteso parco ricco di alberi ad alto fusto. Verso il centro il piccolo mausoleo dedicato al nipote del Tamerlano, si presenta nella sua semplicità senza decorazioni. Più avanti il mausoleo del Tamerlano nella sua magnificenza: una imponente costruzione maiolicata da artisti iraniani, molto abili come architetti decoratori, ma molto meno come ingegneri; infatti, alcuni monumenti a Samarcanda, sono crollati perché le basi non erano in grado di sostenere la maestosità della costruzione. Grandiosa la piazza Registan con le due madrasse.Proseguiamo e ci troviamo di fronte ai resti dell'antica moschea; anche quando era adibita al culto, ogni tanto, nei momenti di preghiera, cadevano dei mattoni.
La sera, per cena, ci accoglie una tipica casa uzbeca: pavimenti ricoperti da tappeti ( si entra senza scarpe ) vaporosi tendaggi alle finestre, pareti affrescate da paesaggi agresti.
L'indomani raggiungiamo l'osservatorio , luogo dove nel xv° secolo si studiava astronomia e dove furono fatti già molti calcoli con uso del sestante.Ci trasferiamo quindi alla necropoli Chakh-i-Zinda enorme complesso dove sorgono i mausolei dei parenti del Tamerlano, molto sensibile soprattutto per la parenti donne alle quali aveva dedicato opere veramente sublimi.Una scalinata porta ad una stretta via dove ai lati fanno mostra mirabili costruzioni funerarie tutte maiolicate.Luogo di culto, gli uzbeki vengono a pregare almeno tre volte durante la vita.
Alla fine visitiamo un laboratorio di tessitura dei tappeti; lavorano 400 ragazze. Nel cortile antistante, in vasche di cemento, bollono i vegetali che dovranno dare il colore ai filati.
Siamo ora al giro di boa del nostro viaggio,ma le sorprese non mancano.Un fuori programma ci porta in una stretta valle dove, su enormi roccioni grigiastro lucido fanno mostra grafiti risalenti a parecchi anni prima della venuta di Cristo ( pare dai 2500 ai 4000 anni ). Ci arrampichiamo per mirare e fotografare da vicino questi preziosi reperti. In questa valletta se pure a ridosso del deserto, scorre un ruscello fiancheggiato da alberi da grosso fusto e molto fronzuti.
Ritorniamo sulla strada principale e percorsi una ottantina di chilometri, ci troviamo in prossimità di una fortezza ( ora rimangono solo i torrioni di sabbia e qualche mattone ) dove nel 400 a.c. Si appostò Alessandro Magno. Dall'alto una visione incantevole: un'oasi verde in mezzo al deserto in un tramonto meraviglioso. Quest'oasi esiste perché sgorga una sorgente di acqua dolce dove é stata creata una vasca nella quale vive una colonia di pesci neri ritenuti sacri e quindi non soggetti a pesca. Trascorsa la notte, si riparte e il deserto ci accoglie di nuovo. La strada é abbastanza buona; non incontriamo punti di sosta interessanti per cui si viaggia tutta la giornata.Sosta notturna nel deserto con uno stupendo plenilunio.Piacevole la camminata in un profondo silenzio interrotto solo da qualche timido grillo: soli, intorno a noi una immensa estensione di sabbia.
Il giorno seguente, raggiungiamo la frontiera kazaka .Qui si apre una parentesi per noi abbastanza tormentata perché abbiamo avuto problemi con il camper. Non mi voglio soffermare su questo argomento anche perché, dopo alcuni chilometri di traino, in qualche modo abbiamo risolto il problema e abbiamo potuto continuare il viaggio. Superata la frontiera, in Russia raggiungiamo Elista, una cittadina dove vive una comunità buddista. Al centro é edificato un magnifico tempio, fanno corona 17 cappellette e una schera di campane girevoli; all'interno un enorme Budda di 7 metri con volto e braccia ricoperti d'oro; ai suoi piedi una schiera di piccoli Budda. Il pavimento é ricoperto tutto da tappeti, le pareti sono dipinte con colori arrivati appositamente dal Tibet.
Seguono un paio di tappe di trasferimento dalla Russia all'Ucraina con sosta a Zaporozel. In pulmann visitiamo la città dalla enorme diga sul Dnepr e il museo dei Cosachi.
Il viaggio continua e in una tappa raggiungiamo la Crimea. Sostiamo a Alupka, una cittadina nei pressi di Yalta. Una giornata intera con la guida per la visita a Yalta. In un parco ricco di vegetazione e alberi secolari provenienti da ogni parte del mondo sorge il castello di Micael Voroncof ( ambasciatore per molti anni in Inghilterra ). All'interno sale e saloni con pavimenti in legno e soffitti a cassettoni; i mobili molto pesanti come lavorazione; molto bello il giardino d'inverno. Altro punto di visita , la splendida residenza di Nicola II°, ultimo zar di Russia; d'interesse la sala bianca dove al termine della seconda guerra mondiale si incontrarono Stalin, Roosevelt, Churchil per stabilire l'assetto politico del mondo. Il giorno seguente é dedicato alla visita di Sebastopoli, città interamente distrutta e ricostruita alla fine della guerra nel 1944.bBreve sosta al monumento che ricorda i caduti italiani durante la guerra di Crimea; raggiungiamo la collina ai piedi della quale si svolse la cruenta battaglia fra le truppe russe e quelle francesi-britan niche. La battaglia é stata ricostruita nel museo panoramico che qui é stato edificato. Non é mancato un giro in battello nella baia ora sede della base dei sottomarini russi nel Mar Nero.
Interessante a fine giornata la visita alle rovine di Kersoness, antica colonia greca. Al ritorno breve sosta a Balaclava, una insenatura a forma di esse che non consente dal mare aperto di essere scoperta. Qui venne scavato nella montagna un rifugio antiatomico per sommergibili durante la guerra fredda ;ora é stato trasformato in museo. Sulla costa i ruderei di una fortezza costruita dai genovesi che si erano avventurati in questo luogo.
L'ultimo giorno in Crimea é riservato alla visita della palazzina di caccia di Alessandro III° al centro di un bellissimo parco. In tempi più recenti é stata la dacia di Stalin. Davanti alla palazzina di stile francese , un giardino stile italiano e due stupende sequoie secolari.All'interno della palazzina domina il legno sia per i pavimenti sia per i rivestimenti delle pareti. Molti gli intarsi e i bassorilievi in legno; particolari i caminetti presenti in ogni stanza. Per finire visita alla cantina Massandra con relativa degustazione di vini.
Qui termina il viaggio in compagnia; ora da soli attraversando la Romania, l'Ungheria e la Slovenia raggiungiamo la madre patria.
P.S. Un ringraziamento particolare all'Agenzia SANPIETROBURGO che ci ha dato la possibilità di affrontare una nuova esperienza;un grazie di cuore a Ugo che ci é stato di sostegno e aiuto nella difficoltà; un pensiero affettuoso ai cari compagni di viaggio Natalino, Carla, Luciano e Margherita .